Racconti di Maliimortacc

Da LAWiki.
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Dal Vangelo secondo Malii

In quel tempo nella valle di ny'alotha i validi condottieri dei LAW si preparavano per la battaglia finale contro N’zoth. Nel campo si percepiva la tensione, i Gildani si preparavano allo scontro. Il capo gilda Wildlord nella sua tenda studiava la strategia per sconfiggere N’zoth. Distogliendo lo sguardo dalla mappa, usci fuori per guardare i suoi gildani.

Vide che tutti erano assorti nei preparativi, Silente ripassava il percorso dei tentacoli continuando a camminare in circolo, tanto da scavare una fossa profonda , Serenellas il curatore camminava ripassando le formule di magia per curare al meglio, senza guardare dove andava, e cosi finì nella fossa, si senti un tonfo e un grido “SONO MORTO”.

Insanya, la fabia ,kytio e altri si allenavano sui manichini, i maghi Talatha, Yasminexx si allenavano a percorizzare la vittima designata Azran il paladino, una volta pecora un’ altra rana e via cosi.... Randals il mago si concentrava sulle sue magie e pensando fra se “ non devo agrare non devo agrare”,in quell'istante dalla sua bacchetta partì una fulmine che colpi alcuni animali che gironzolavano li intorno, e che rincorsero Randals per tutto il campo.

Wildlord era molto perplesso su chi scegliere.

N’zoth scontro finale

"Da troppo tempo non vedo l’azzurro del cielo e i colori che ogni alba ci dona, creando paesaggi fantastici dalle varie tonalità nei cieli di Azeroth.”

(Maliimortacc)

Nelle tende del campo dormivano ancora tutti. Wildlord no, lui era già in piedi, assorto nei suoi pensieri. Sapeva che quel giorno sarebbe stato quello dell’ultimo scontro con il Signore del Male, colui che aveva la capacità di prendere possesso anche della mente più stoica, annientandone ogni volontà e distruggendola. Sperava, però, che le protezioni donate dal Cuore di Azeroth e il mantello sarebbero serviti contro N’zoth, o che avrebbero quantomeno rallentato la corruzione della mente.

Un fruscio strappò Wildlord ai suoi pensieri, riportandolo alla realtà: era Silente. “Ho paura” disse quest’ultima, facendo apparire una rapida smorfia sul volto di Wildlord, che rispose con un laconico “Esiste qualcuno che non ne ha?” I due si misero intorno al fuoco per riscaldarsi corpo ed anima sorseggiando una tazza di caffè bollente. “Lungo la nostra strada abbiamo sconfitto molti mostri e perso molti compagni e amici. Oggi si compie il destino di Azeroth, Orda e alleanza sconfiggeranno il Male, insieme” commentò Wildlord, prima che il silenzio li avvolgesse nuovamente.

Anche quel giorno il campo si stava lentamente risvegliando, ma non era come le altre volte, non si sentivano né il brusio né le risate che accompagnava tutte le mattine il risveglio dei LAW. Quel giorno ognuno era rapito dai propri pensieri, dalla paura di non essere all’altezza.

Wild li radunò tutti, aveva il bisogno di parlare con i suoi gildani, di incoraggiarli e di far forza anche a se stesso: “Abbiamo combattuto e vinto guerre e battaglie. Abbiamo sconfitto la Legione, la Regina Azshara, i mostri di ny’alotha!” Tuonò, la voce sicura ed il tono deciso nascondevano alla perfezione le sue preoccupazioni: “Adesso siamo qui alle porte dell’antro di N’zoth e nessuno ci fermerà! Perché noi siamo i LAW! Marciamo insieme contro N’zoth!“ Alle parole del leader, tutti esultarono e, con rinnovata speranza, si prepararono per la battaglia.

Cavalcarono tutta la mattina per raggiungere l’antro dell’Antico. Davanti a loro si presentava un territorio oscuro. Ostacoli naturali di ogni genere, steli dotati di occhi, e a sbarrare l’entrata un enorme carapace, diverso da tutti quelli in cui si fossero mai imbattuti fino a quel momento: era enorme, le sue chele incutevano terrore, ma quello che preoccupava di più Wildlord erano i tentacoli che emergevano e scomparivano dal fondo paludoso. Erano alti, massicci e pieni di sacche pustolose dalle quali uscivano dei piccoli esseri indefiniti, ma pericolosi.

In aiuto di Wildlord e dei suoi uomini arrivò anche il Principe Nero, Irathion. Wild dispose gli uomini in modo da poter agire contemporaneamente su più fronti: alcuni si occupavano dei tentacoli, mentre i tank avevano il compito di tenere impegnato il carapace. La battaglia fu cruenta, ma alla fine i Law ebbero la meglio.

“Ora entrerete nella stanza dove risiede N’zoth. Lì io non potrò aiutarvi.” Disse Irathion, con voce affannata per la battaglia.

Wild radunò tutti per spiegare la tattica: “Ognuno di noi avrà un compito preciso, ma soprattutto dovrete fare attenzione alla Paranoia. Se abbassate la guardia, essa vi distruggerà la mente. Ne colpirà due alla volta, quindi chi verrà colpito dovrà avvicinarsi al centro insieme al proprio compagno. Gli altri stiano a dovuta distanza, o a destra o a sinistra, non incrociatevi mai.” Wildlord si guardò intorno “Dove diavolo è Azran?!” chiede, ma nessuno lo sapeva. “Maghi, contattatelo!”

“Azran ma dove sei?” disse Deaneris, chiamando Azran tramite il canale dei maghi. “Sono qui” rispose candidamente Azran. “Qui dove? non ti vediamo!” domandò nuovamente Deneris. Come risposta ottenne un quasi infastidito “Beh, nemmeno io vi vedo. È chiaro che non siete qui StormWind”. Deneris sbiancò. Nel gruppo calò il silenzio. Wildlord si mise le mani nei capelli, ringhiando: “summonatelo”. Quando un urlo ruppe il silenzio, tutti corsero verso Malefica, pronti a combattere, ma non videro alcun nemico. “Che succede?” chiese Wildlord, “Mi sono macchiata la tonaca nuova di Telaluna! Dannazione!” Dalle profondità della grotta si senti la voce di N’zoth: “ANNNAMO BENE”.

Wildlord pensò ad alta voce: “Non ce la possiamo fare”.

Davanti ai LAW si presentava una stanza circolare. Calpestandolo, il terreno sembrava molle e tutto il perimetro era ricoperto di aculei minacciosi, agli avventurieri avevano quasi l’impressione di essere finiti nelle fauci di un mostro colossale. Al centro della stanza c’erano una voragine: da lì sarebbe sicuramente uscito N’zoth, antico e oscuro dio, il cui unico scopo era distruggere Azeroth.

Il silenzio e la paura pervadeva tutti i membri della gilda. “Non temete...Oggi siamo qui per porre fine a questa storia ed uccidere quel maledetto mostro” tuonò Wildlord con voce sicura, “Schieratavi!”. Gli uomini e le donne presero posizione: i tank Silente e Morazan si disposero in prima fila, mentre i melè in seconda fila e i ranged in terza.

Un boato enorme fece tremare le pareti e le ossa degli avventurieri. Il momento era arrivato. Dalla voragine apparve N'zoth: un essere informe, enorme, con il corpo costellato di occhi e denti affilati, la testa e il corpo sembravano essere una cosa sola. I mille occhi dell’antico scrutarono i LAW, cercando di penetrare la loro mente,di corromperla di insidiare la paranoia, portarli alla pazzia e distruggerli. Loro, però, avevano il cuore e il mantello di Azeroth a proteggerli.

Wildlord comandò la carica, ma i Law non fecero in tempo a muoversi che vennero scagliati in un modo parallelo: davanti a loro si trovava ora una stanza uguale alla precedente, ma ricca di tentacoli ed occupata da un nemico che già avevano incontrato, il carapace. I membri della gilda si guardarono intorno e videro i loro corpi sospesi in aria: ben presto capirono che bisognava distruggere il carapace per poter ritornare nei propri corpi.

L'ultima battaglia era iniziata. lo scontro con il carapace non fu facile, ma la gilda ebbe la meglio. Dopo la vittoria si affrettarono a riprendersi i propri corpi e si ritrovarono nuovamente dinnanzi a N'zoth.

Intorno a loro la stanza si riempì nuovamente di tentacoli, ma l’aver vinto contro il carapace aveva rinfrancato gli spiriti dei nostri eroi, ed una nuova sicurezza si faceva largo in loro, o forse era per mandare via la paura che trovarono il coraggio di fare dell’ironia, infatti, Shadowbofy vedendo i tentacoli e N'zoth disse, con un sorriso beffardo: “stasera polpo con patate”, ma come accade spesso in questi casi, il sorriso si spende quando il combattente venne schiacciato da un enorme tentacolo. Ne uscì malconcio, ma fu curato immediatamente.

“Ricordate: state attenti alla paranoia, se vi prende correte vicino al vostro compagno e rimanete al centro, chi non è posseduto si metta a destra o a sinistra” si premurò di rammentare WildLord alla gilda.

La battaglia fu estenuante, il mostro tentava di entrare nella mente di ognuno di loro, e purtroppo in alcuni casi riuscì. Infatti, Malefica, Rosacroce e Morgana corsero verso Wildlord gridando “Insanya è controllato da N'zoth!” “Cosa ve lo fa pensare?” disse il capo, ma ben presto ebbe la risposta, per la precisione nel momento in cui gli passò Insanya cantando “TUTTI A DESTRA EEH EEH TUTTI A SINISTRA OOH OOH ALE' PICCHIAMO N'ZOTH”. “UCCIDETE INSANYA” gridò Wild, Insanya venne massacrato (tra l’altro con somma gioia) dalla gilda.

Anche Randals fu preso dalla paranoia, ma non ebbe il tempo di impazzire che La Fabia, con un colpo rapido e preciso delle sue lame lo trafisse. “Ma avrei potuto curarlo!” disse Arwen, che in cambio ottenne da LaFabia un sardonico “E quando mai mi ricapita una occasione del genere?”

Dopo un tempo che sembrò infinito, N'zoth cadde sotto i colpi de LAW. L’antico Dio oscuro era stato sconfitto ed Azeroth era salva. I superstiti tornarono all'accampamento, stanchi, ricoperti dal sangue e dai segni della battaglia, ma sollevati e felici per la vittoria. Era tempo di festeggiare.

In quel momento, però , un paladino avvicino al sommo, al grande, all'unico capo, il portentoso Wildlord (o almeno così gli piaceva descriversi) “Porto una missiva da Stormwind, è urgente”.

Wildlord radunò i suoi uomini: “Sylvanas ha rapito il principe Anduin Wrynn, dobbiamo partire subito!” “NO! Noi così non veniamo!” Esclamarono le ragazze dei Law “Prima andiamo dal parrucchiere e dal trasmo. Noi così in disordine non ci presentiamo, non se ne parla!”

Wildlord, dopo aver alzato gli occhi al cielo ed essersi concesso un bel sospiro, rientrò nella sua tenda borbottando fra sè e sè “Ma che gilda di Mer....”

Una Nuova Avventura

Per i Law, il ritorno dalla valle di Ny'alotha non era certo stato facile. La stanchezza e la perdita di alcuni compagni avevano reso la vittoria su N'zoth dolceamara.

Mentre tutti riposavano sulle amache sotto coperta, Wildlord era a prua della nave che guardava le onde del mare infrangersi contro la polena raffigurante una ninfa elfa della notte, la cui bellezza incantava chiunque la guardasse, come se fosse stata reale. La mente di Wildlord, però, era altrove, attanagliata in un pensiero ben preciso: il rapimento di Anduin Wrynn, erede salito al trono dopo la morte di Re Varian Wrynn, avvenuta per mano di Gul'dan nella guerra contro la Legione. Non sapeva chi l'avesse rapito, il messagio che gli era stato recapitato non diceva altro che “Per Ordine di Genn Mantogrigio, si ordina il rientro immediato a Stormwind. Il nostro amato Principe Anduin è stato rapito da forze oscure.” Si distolse da quel pensiero e lo sguardo spaziò sula nave: un galeone dedito al trasporto delle truppe portava, così come gli uomini e le donne a bordo, i segni della guerra, ma che, proprio come loro, con le sue imponenti vele sembrava veleggiare con orgoglio. Dopotutto, il nome della nave era ”Fiamma della Speranza”. Un accenno di sorriso, brevissimo, increspò le labbra di Wildlord. Al comando della nave, curiosamente, vi era uno nano di nome Throd, che proveniva dalle terre di Dun Morogh,ricche di foreste e di motagne innevate tutto l'anno. ”Non mi sono mai piaciute le montagne” borbottò Throd, porgendo un pinta a Wildlord “Preferisco il mare”. Mentre sorseggiava la sua pinta vide che lo sguardo di Wildlord si era posato nuovamente sulla polena: “bella vero? L’ho fatta scolpire dai migliori maestri d'ascia, era la mia amata.” Wildlord si girò a guardarlo, sul volto un’espressione tra lo scettico e il divertito ”un nano e un'elfa, amanti?” disse, più a se stesso che a Throd, che comunque si indisppettì “Beh, non è mica niente di cosi strano” fece un breve pausa, il tempo di un sospiro, e il suo sguardo si fece triste “Accadde durante la guerra alla legione. Una notte, nella foresta di Darkshore, mentre portava in salvo la sua gente cadde in un’imboscata, si salvarono in pochi, portati via non si sà dove...Me l'hanno portata via.“ lasciò cadere la frase, affrettandosi a voltarsi e tornarsene da dove era venuto per nascondere una lacrima solitaria che gli solcò la guancia e andò a perdersi nella folta barba. Wildlord tornò con la mente al nome della nave, adesso capiva il suo significato: la speranza di Throd di poter rivedere, un giorno, la sua amata.

Il mattino seguente il sole face capolino all'orizzonte. Il mare era calmo e liscio, il vento non troppo forte gonfiava le vele e sembrava che la nave non toccasse l'acqua, ma la sfiorasse appena, mentre il cielo cominciava a brillare di un azzurro capace di portare via i brutti ricordi. Si svegliarono tutti e salirono in coperta, a godere del sole che scaldava i loro corpi. Finalmente all'orizzonte si cominciavano a vedere le sagome delle montagne, ma più che altro si cominciava a intravedere una città: Stormwind. “Siamo a casa” urlo Stardel, con così tanta gioia e agitazione che per poco non rischiò di finire in mare, ma venne prontamente preso per il mantello da Ràdaghast. Stormwind e la capitale umana dell'alleanza più grande di Azeroth. Nessuna città era in grado di uguagliarla nel dimostrare la determinazione umana: dalla magnifica Cattedrale della luce che fungeva da importante centro spirituale, alla torre dei maghi, centro del Kirin Tor, al possente castello, dimora del Principe Anduin, alla maestosa Valle degli eroi che commemorava i sacrifici dei fedeli campioni di Stormwind, la città rappresentava davvero il cuore coraggioso dell'umanità. Finalmente attraccarono al porto, e anche se alcuni degli avventurieri speravano in un’accoglienza trionfale, nell'aria era palpabile una grande tensione, lo spiegamento di forze era notevole, confermando che qualcosa di grave era davvero successo.

Ad attenderli al porto c’era un alto funzonario del castello, che si diresse subito da Wildlord. Quando ebbero finito di parlare, Wildlord si rivolse alla gilda “Gli ufficiali mi seguano al castello, gli altri hanno la giornata libera, ci ritroveremo alla Locanda dei Soldati”. Malefica, Yasminexx, Rosacroce, LaFabia gridarono subito ”Shopping!” e sparirono nelle vie che portavano alla piazza centrale Una volta arrivate, davanti a loro si presentò un vasto mercato, ricco di ogni ben di dio: dalle stoffe pregiate e colorate provenienti da ogni parte di Azeroth, alle pietre piu preziose, armi di ogni genere, armature di ogni tipo, ai lati della piazza negozi di cappelli, parucchieri, acessori, insomma, dopo il lungo periodo alle prese con combattimenti e navi, sembrava un sogno ad occhi aperti, per cui le avventuriere si persero di buon grado nella folla. Altre, così come molti degli uomini, preferirono dirigersi subito alla locanda per fare un bagno caldo, ripulirsi dai segni della guerra e della navigazione, farsi una bevuta e togliersi quel sapore di salsedine dalla bocca. I maghi Randals e Talatha, invece, decisero di fare visita alla torre dei maghi, per apprendere nuove magie. “Vediamo di migliorare la mira magari, che ne dici?“ disse Talatha guardando Randals, che abbassò lo sguardo, imbarazzato, e bofonchiò ”Uff! Che sarà mai un aggro…”, cosa che fece apparire sul volto del mago un sorriso sarcastico “Vorrei ricordarti, Randals, che l'ultima volta che hai aggrato, ti sei portato dietro un esercito di mostri.” Puntualizzò. “Ma erano piccoli” rispose Randals “e devi ammettere che, tutto sommato, erano anche carini “. Camminarono fino al momento in cui, davanti a loro, apparve la gigantesca torre dei maghi: un cilindro alto più di tre querce di Tetrasil, altissimi alberi che superano i 20 mt di altezza e hanno una circonferenza di almeno 80 mt. “Beh, Mi ero sempre chiesto come fosse possibile che la torre ospitasse centinaia di stanze, e tutte grandi. Ora direi che ho la risposta.” Talatha, che non aveva sentito l’ultima parte della frase, appena sussurrata, stupito guardò Randals: “Forse perchè e una torre magica?”, lo canzono bonariamente, provocando un altro sorriso beffardo del mago “Ah Davvero? Non ci avevo mai pensato”. Talatha alzò gli occhi al cielo sospirando, poi insieme varcarono il portone che portava a una lunga scalinata verso l'entrata della torre e sparirono alla vista.

Silénte, un Elfo della notte druido dal corpo possente, con il volto segnato dalle numerose battaglie, era uno degli anziani ufficiali della gilda, e da ormai tempo immemore portava con sè il fratello Ràdaghast, anche lui Druido, ma più esile, piccolo e dai movimenti impacciati. “Sardanap, potresti accompagnare mio fratello alla locanda? Io devo andare al castello” chiese Silénte. “Chi?” rispose Sardanap. Da dietro Silénte spuntò Ràdaghast: ”Salve!”esclamò ”Mi chiamo Ràdaghast” disse sorridente, mentre allungava la mano per salutare. “ok.. Rad.agrat....Radafast.....Raaa......ok,Siléntino, si ti chiamerò cosi.” disse Sardanap. “Il mio nome è RA'DAGHAST” rispose indispettito il druido. “Sì, certo, certo, Tieni il passo....Siléntino”, e si avviarono verso il centro della città.

Sul porto rimasero alcuni Cavalieri della Morte. Ammiravano lo splendore delle navi da guerra dell'Alleanza e di alcune navi diverse provenienti da altre terre di Azeroth, tra di loro c'era un cavaliere che conosceva già la città, il suo nome era Malii. Malii, cavalliere della Morte sotto il dominio di Artas Re dei Linch. Un Re spietato, il cui unico scopo era non solo dominare Azeroth, ma avere il dominio sui morti. I ricordi lo riportarono indietro nel tempo, a quando, dopo la confitta di Artas per mano dell'Alleanza e dell'Orda insieme ai cavalieri della morte ribelli, il re lo volle a Stormwind per sancire un’alleanza con loro. Malii si distaccò dal gruppo e si incamminò verso il mausoleo di Re Varian Wrynn, per porgergli un saluto. Il mausoleo, situato nei giardini della città, era stato edificato in ricordo della Guerra di Legion. Malii percorse il lungo viale che portava alla tomba di ReVarian, dietro cui tre grosse lapidi con i nomi di tutti i caduti erano sorvegliate dalla guardia reale. Ai lati del viale c’erano del numerose panchine; il cavaliere si sedette su una di esse, rimase lì per parecchio tempo, fino al tramonto, ma prima del calar del buio si avviò alla locanda dove i suoi compagni si erano già radunati.